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IL CIELO DELL’ANIMA, Imparare a leggere le stelle

In una buona scuola per attori si impara ad esplorare le emozioni, a cercarle, a scoprirle e ad utilizzarle nel migliore dei modi, per permettere al personaggio e alla scena di fluire in una dinamica entusiasmante e preferibilmente SORPRENDENTE, sia per l’attore stesso che per il pubblico.

A tal riguardo si esplorano tecniche energetiche e bioenergetiche, si fanno meditazioni e lavori nel cerchio, si condividono le esperienze e soprattutto si sperimentano, guidati dai maestri, i percorsi energetici ed emozionali che servono per entrare nella parte.

L’obbiettivo di un bravo attore è coinvolgere se stesso per permettere al pubblico di essere coinvolto nella verità dell’azione. Così facendo si realizzano performance di alto livello.

Spesso un bravo attore che segue il percorso esplorativo, si lascia pervadere dalla sete di conoscenza e impara che: al di là del “lavoro dell’attore”, esiste un lavoro spirituale, emozionale ed energetico, che va oltre la recitazione, che supera la performance e si incontra con la vita. Accade perciò che molti attori comincino dei percorsi collaterali, che oltre a renderli sempre più centrati e professionali nel loro lavoro, li avvicinano al gusto pieno dell’esistenza, sfamando e affamando costantemente il desiderio di “conoscere le stelle” che appartiene ad ogni essere umano.

È spesso più facile che un artista, per la natura delle sue attività professionali si trovi più vicino di altri all’opportunità di svegliare la sete di scoperta, il delizioso fascino della ricerca della spiritualità perduta, il desiderio impellente di viaggiare nel mistero per scoprire nuovi mondi e nuovi modi di lavorare con l’immaginazione e l’emozione.

L’incontro con il “Voice dialogue” da un punto di vista professionale, per me è stato senza dubbio illuminante, ma ancor prima lo è stato da un punto di vista esoterico, per via del parallelismo che tale approccio si presta a fare con la multidimensionalità.

Tant’è vero che se si studia il dialogo delle voci interiori e si pensa a se stessi come un insieme di personalità in movimento, non si può che pensare che ad un’ anima infinita che si affaccia sulla terra con infinite personalità. La sopravvivenza in questo mondo però prevede che tra quelle infinite personalità si faccia una cernita necessaria a portarci avanti nel cammino della vita, nel confronto con la realtà, co-creata insieme ad altri esseri umani.

Riguardo ai Sé che fanno parte di noi (le nostre infinite personalità) ritengo che ogni parte, ogni Sé, reciti un copione prestabilito che conosce molto bene e che non varia mai. Tuttavìa, l’unico che non conosce il copione di tutti i personaggi che ci appartengono, è il regista, ovvero: proprio noi stessi!

Il percorso che ci si prospetta dinnanzi, è dunque proprio quello di fare in modo che il regista possa conoscere i copioni di tutti i nostri Sé, per intervenire sulle parti assegnate, con la consapevolezza che solo lo sguardo esterno può avere.

Ricapitolando: se noi siamo i registi della nostra vita, ma non abbiamo alcuna conoscenza dei copioni che recitano le differenti personalità che ci appartengono, non abbiamo alcun controllo sulle scene, e così ci lasceremo trasportare dagli eventi esattamente sempre con gli stessi attori e il loro copione (ad esempio: ma perché mi innamoro sempre degli stessi uomini?!). Il gioco tuttavìa può essere comunque adrenalinico e affascinante, giacché non conoscendo il copione, ogni volta non sappiamo come va a finire… Nonostante alcuni finali possano ripetersi incessantemente sempre allo stesso modo.

Alcuni copioni si apprendono fin dalla prima infanzia, per poi migliorarsi e affinarsi fino all’età adulta, una volta scritto il copione è impossibile modificarlo se non si fa un percorso che ci aiuti a conoscerlo e a riconoscerlo. Spesso con una buona psicoterapia o in percorsi di sostegno, possiamo imparare con efficacia a sentire quando si ripete il copione che recita ciascuna delle nostre personalità.

Recitare un copione appreso nell’infanzia significa che ormai da parecchi anni la parte è stata fissata nella nostra coscienza, ma non solo: poiché recitiamo copioni che sono fatti di emozioni, la ricaduta non è soltanto intellettuale, ma è anche e soprattutto corporea.

Ogni volta che un’emozione si manifesta, il nostro copro è biologicamente programmato per avere una reazione bio-chimica, questo implica che continuando a recitare i differenti copioni anche il nostro fisico ha delle partiture che hanno una ricaduta molecolare, che dunque intervengono drasticamente nel nostro stile di vita, che hanno a che fare con lo stress, le malattie, ma anche con il piacere e col benessere, a seconda del tipo di emozioni che contatta il nostro copione appreso.

Allora sappiamo che noi siamo un insieme infinito di personalità differenti che chiamiamo Sé, che nel cammino della vita alcuni Sé hanno maturato un ruolo da protagonisti e che sono loro a guidarci nel mondo, che a un certo punto della vita questo modo di camminare ci sta stretto, come un paio di scarpe con qualche numero in meno. Ma ogni Sé ha un suo copione, e se noi siamo i registi, e se impariamo cosa c’è scritto nei differenti copioni, possiamo intervenire sulle scene facendo entrare in gioco altri Sé, che avevano dei ruoli secondari se non rinnegati. Pensando addirittura che potremmo affiancare nuovi coprotagonisti alle solite parti principali.

Essere registi della propria vita e creare la propria realtà è possibile

nel momento in cui si conoscono i propri copioni, credo che alcuni Sé, un copione vero e proprio non l’abbiano mai avuto e nemmeno si conosca la loro parte, ma affacciandosi sul palcoscenico interiore si possono osservare i propri attori prendere vita e si possono scoprire parti mai pensate che rischiano di sorprenderci davvero, se finiamo col “metterle in scena”.

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